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Caro Mario

Mario Monicelli

Mario Monicelli

30/11/2010 22:03

Caro Mario,
spero di non disturbarti ti chiamo come ci chiedevi di fare ogni tanto, per raccontarti le cose del giorno che succede nel mondo. Ti salutano i ragazzi di Napoli, dicono «Ciao Mario, la facciamo ‘sta rivoluzione». Promettono, te l’hanno scritto. Ti hanno sentito dire che “il riscatto è doloroso, l’Italia affronti il dolore sennò vada in malora”. Ti conoscono, sanno che dici così perché ci tieni che non ci vada, in malora. Difatti si danno da fare. I ragazzi di Roma hanno occupato i binari della Stazione Termini, ci sono saltati sopra gridando “Branca branca branca, leon leon leon”. Ridevano tutti: erano giovani, più o meno come te, arrabbiati e felici. Ieri hanno deciso di fermare il traffico. Nelle strade, nelle autostrade, nelle stazioni. Dappertutto, in tutta Italia. Sono scesi (non tutti, qualcuno) dalla torre di Pisa, dalla cupola del Brunelleschi, dal Colosseo e si sono messi a passeggiare sulle tangenziali, hanno bloccato le stazioni ferroviarie, il Canal Grande, gli incroci del centro. A Catania, a Trieste, a Lecce, a Genova, a Palermo e a Padova. Qualcuno anche a Parigi e a Ginevra. E lo sai cos’è successo a Roma, al Muro Torto? Ti devi immaginare la scena. Pioveva, hai presente il Muro Torto a Roma quando piove? Macchine in colonna a passo d’uomo. Bene, sono arrivati loro e l’hanno bloccato del tutto. Allora qualche automobilista ha aperto il finestrino e ha cominciato ad applaudire. Qualcun altro è sceso, sotto la pioggia, ed è andato ad abbracciarli. Ci puoi credere? Sì, una scena da film. Poi B. ha detto che sono studenti fuori corso, che quelli seri sono a casa a studiare. È molto nervoso, in effetti. Sembra che non si renda più conto di quel che succede, non è da lui. Sbaglia le battute. Del resto gli sta franando tutto attorno. Ieri è andato sotto di nuovo un paio di volte, in aula, prima che i suoi serrassero i ranghi per far passare la cosiddetta riforma. A Pompei è venuta giù un’altra Domus, quella del Moralista. Abbiamo calcolato che a questo ritmo se crolla una Casa al mese fra tre anni non ci resta nulla. D’altronde sono sassi vecchi, no? Duemila anni, è ora di farci una new town.

A Roma, in centro, non era un bello spettacolo. Hanno blindato tutto intorno a Montecitorio con le camionette per non far passare gli studenti. Camionette come barricate, vuote. Una cosa un po’ cilena. C’è stato qualche momento di tensione grande. D’altra parte barricare il cuore della città per impedire che i giovani ci entrino a dire cosa pensano è un po’ come pensare di blindare i balconi degli ospedali con delle inferriate altissime per impedire che i pazienti si buttino. Uno potrebbe ascoltarli, visto che la vita è la loro. Potrebbe chiedere a chi è malato: cosa vuoi fare della tua vita e della tua morte? Eccoci, siamo qui per aiutarti. Invece ti fanno prigioniero, e allora ti tocca fare la rivoluzione. I ragazzi hanno capito: si sono inchinati e si sono tolti il cappello. Hanno detto che la fanno anche loro, insieme a te, la rivoluzione e pazienza per le barricate. Le scavalcheranno, speriamo non si faccia male nessuno. Perché lo sanno che è bruttissimo farsi male, che tocca farlo solo quando non c’è scelta e comunque sempre per qualcuno, per qualcosa, mai solo per sé. Ti salutano tanto, ti abbracciano forte.

 

Concita De Gregorio